di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione lavoro, sentenza n. 27058 del 3 Dicembre 2013. Può il lavoratore, assunto dall’impresa che subentra nell’appalto, impugnare il licenziamento della cessata compagnia presso cui era impiegato? Nel caso di specie al lavoratore licenziato – poiché l’impresa appaltante non era più in grado di adempiere le prestazioni in accordi – era stato risposto dal precedente datore di lavoro che non si sarebbe trattato di un vero e proprio licenziamento, ma di una mera variazione di titolare di rapporto di lavoro. Tuttavia, il lavoratore aveva ricevuto la liquidazione del tfr spettante ed era stato assunto dalla compagnia subentrante, seppur con lo stesso trattamento economico e normativo, senza soluzione di continuità. Il giudice di primo grado confermava l’illegittimità del licenziamento, ordinando il reintegro del lavoratore presso l’azienda cedente; mentre tale statuizione veniva riformata in appello, non considerando detto giudice il fatto intervenuto come cessazione del rapporto di lavoro (non soggetto, dunque, alla normativa di cui alla legge 223/1191) ma un “esonero della prestazione lavorativa per essere immediatamente assunti” dall’impresa subentrante. Avverso questa decisione il lavoratore propone ricorso in Cassazione.
Premettendo che “nel nostro ordinamento non possono ammettersi ipotesi di risoluzione del rapporto di lavoro non previste dalla legge” (prescindendo dunque dalla volontà sia del privato sia di quella della contrattazione collettiva) rileva la Suprema Corte come il primo interesse per il lavoratore sia sicuramente quello di vedersi riconoscere la continuità giuridica del rapporto di lavoro originario; ciò sicuramente sia a fini retributivi che contributivi. Secondariamente, l’accettazione del nuovo impiego, secondo la Suprema Corte, non costituisce altresì rinuncia implicita ad impugnare il pregresso licenziamento: resta dunque facoltà del lavoratore impugnare comunque il licenziamento, chiedendo al giudice di verificarne la legittimità. In particolare, questa seconda eventualità è stata espressamente prevista in più pronunce precedenti della stessa Corte; infatti, “ove un contratto (o accordo) collettivo preveda, per l’ipotesi di licenziamento dei dipendenti di un’impresa, una procedura per il passaggio diretto dei lavoratori licenziati alle dipendenze dell’impresa subentrante nell’appalto, la costituzione di un nuovo rapporto di lavoro (…) non implica di per sé rinuncia al diritto di impugnare il licenziamento intimato dall’originario datore di lavoro”. Di conseguenza, il ricorso è accolto, la sentenza cassata con rinvio e la Corte d’appello, in diversa composizione, dovrà decidere la controversia alla luce del principio evidenziato dalla Cassazione.